IDEE CHIARE SU RETE E DINTORNI…IL CONTRIBUTO DI ROBERTO MARAGLIANO

maragliano“Rubo” dalla rete (www.indire.it) un testo del Professor Roberto Maragliano perchè in questi giorni di “quasi quaresima” è importante leggere, riflettere, rielaborare e quello che Maragliano scrive corrisponde a ciò che la nostra rete cerca di fare quotidianamente ormai da dieci anni.
FARE ESPERIENZA E CONOSCENZA IN FORMA DI RETE – Roberto Maragliano 8/2/2010
È invalsa l’abitudine, anche in ambito educativo, di contrapporre libro e internet, o, con un pizzico di perspicacia tecnica in più, testo e ipertesto, dove i due termini sono vissuti come antagonistici e, a seconda dell’ottica di riferimento, si auspica e coerentemente si teorizza la supremazia dell’uno sull’altro.

Ma se si tenta di darle legittimità attraverso il ricorso alla vicenda storica dei mezzi della comunicazione, una simile contrapposizione mostra immediatamente il suo carattere fuorviante. Infatti, è tutto da dimostrare che l’avvento di un nuovo medium abbia, nel passato, fatto piazza pulita della situazione precedente, contrapponendosi ad essa.
Piuttosto, ogni novità ha mediato la sua identità patteggiandola con la situazione preesistente e i media implicati in tale situazione hanno di conseguenza ripattuito la loro stessa identità. Così è avvenuto con l’avvento della scrittura (che ha ridimensionato la funzione della memoria), poi con la stampa (che ha contribuito a rendere più formale e controllata la parola scritta manualmente, e assieme ad essa, la parola parlata), infine col cinema e la televisione (che apparentemente hanno messo in crisi la circolazione di testo scritto, ma che di fatto ne hanno specificato e ampliato il ruolo); e così è oggi con la rete, che media e rimedia buona parte delle tecnologie precedenti (stampa, fotografia, radio, cinematografia, telefono; e pure libro, dunque). Tutto questo è avvenuto e non c’è ragione che impedisca di pensare che continuerà ad avvenire, malgrado gli alti e apocalittici lamenti di quelli che si trovano ad essere contemporanei di simili processi (vedi Abruzzese Alberto – Maragliano Roberto, a cura di, Educare e comunicare. Spazi e azioni dei media, Mondadori Università, Milano, 2008).
Insomma, non solo la novità non cancella la realtà precedente, ma il più delle volte addirittura la rilancia, riqualificandola. E questa è una tesi che ogni buon educatore dovrebbe adottare con fiducia e generosità, a meno che non voglia sostenere il carattere più “umano” del dettare e incidere su pergamena, rispetto alla presunta aridità macchinistica dello stampare testi.

Tutto ciò vale come cornice entro la quale introdurre la presa in considerazione di quanto la rete porta di nuovo, nello spazio della conoscenza: vale a dire, la tendenza a connettere, legare, annodare, integrare, e a farlo legittimamente dentro un spazio (la produzione/riproduzione di conoscenza e di cultura, in particolare nella chiave della formazione) dove per un lungo, lunghissimo periodo ha prevalso la propensione (frequentemente proposta e intesa come dogma) a distinguere, delimitare, scomporre, analizzare (vedi Ong Walter J., Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna, 1986)

C’è di più.
La rete che connette conoscenze e portatori di conoscenze sconvolge il senso comune pedagogico e scolastico, in buona parte ancora centrato sulla logica del testo che distingue e si distingue (così come avviene per il portatore/autore/lettore di testo, distinto da tutti gli altri).
Ma non bisogna cadere nel tranello. Scomporre e comporre, così come distinguere e integrare sono, possono essere due facce di un medesimo processo di conoscenza (e di esperienza educativa). Il fatto che oggi, almeno negli ambiti della pedagogia informale, prevalgano le dimensioni dell’integrare, del mettere assieme, del collegare, del connettere rinforzate dalle pratiche del navigare e dell’operare in rete, dovrebbe esser visto non come aberrazione ma come occasione per ri-scoprire la dimensione reticolare presente nell’accezione più sofisticata e raffinata di “testo” termine di derivazione latina, da “textum”, che rimanda, appunto, a “tessuto”, dunque in ultima istanza a rete.

Connettere vuol dire avere un altro occhio e usarlo per gettare altri sguardi e definire altre azioni sul sapere: poiché sapere e potere fanno tutt’uno, spesso, vedere modalità di sapere diverse dalle solite significa anche misurarsi con modalità difformi di esercizio del potere, che sarà utile raffrontare con quelle classiche.
Ma significa anche “com-mettere” (cui i dizionari dei sinonimi attribuiscono parentela con “connettere”), mettere assieme, condividere: e dunque, per le cose che diciamo qui, collaborare a nuove testualità, può significare aprire e aprirsi ai meccanismi propri di una comunità che apprende.
Si tratta allora di reagire all’effetto di suggestione indotto dai ricorrenti, ancorché infondati, discorsi di stampo neo-apocalittico, dove l’esperienza di rete è giudicata sprovvista di quel potenziale di crescita intellettuale e morale che invece si è disposti a riconoscere anche al più sgangherato dei testi.
Un’idea ricca e flessibile di rete, basata su un patrimonio in via di costituzione di pratiche effettive (anche affettive, cioè fatte con gusto e ricavandone piacere), è un viatico che l’insegnante può affidare al “nativo digitale”, all’allievo cioè che, cresciuto dentro la rete e avendola respirata fin dall’inizio, si trova nelle condizioni più favorevoli alla presa di coscienza della varietà e dell’irriducibile complessità dei processi della comunicazione, a partire da quelli del grande e rumoroso mondo circostante per approdare a quelli del piccolo mondo protetto della scuola.

Si dice (e a sostenerlo sono perlopiù coloro che presentano scarsa familiarità con Internet) che lì ci si perde, che il troppo dell’offerta storpia il legittimo ricavo dalla risposta rintracciata, che questo enorme chiacchiericcio non consente di operare distinzioni, di separare il grano dall’oglio. Spesso chi lo dice non ha familiarità con il mondo di cui dice. Per chi agisce e reagisce così, quella è ancora tecnologia. Chi invece l’ha interiorizzata non la intende più come tale.

Esattamente come il lettore di libri usa tecnica e tecnologia ma queste non gli fanno da velo al seguire una storia, un ragionamento, un itinerario di informazione, così il navigatore che abbia familiarità con Internet, che ne abbia interiorizzato mappa e movimento, non vede la tastiera, il mouse o lo schermo: vive nello spazio web, lo vive come occasione per fare esperienza reale di conoscenza (e di formazione).

Abbiamo bisogno di una pedagogia e di una didattica che siano all’altezza di questi temi, abbiamo bisogno di filosofie inclusive, non già discriminatorie delle diverse forme dell’esperire e del conoscere.

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1 Messaggio

  1. 3 marzo 2010
    Erika » Scuola: Ada Negri »

    La valigia perduta

    Ciao Alice e Fiore, noi bambini di seconda a scuola con la maestra stiamo pensando di chi

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